Arlecchino si è fatto un costume di foglie secche e ha dato fuoco ai boschi dell’Altopiano.
Anche il vento che canta tra i rami dei faggi e dei ciliegi selvatici incendiati di rosso e di giallo ha cambiato la sua voce, e non ride più nelle radure sotto la luna d’agosto. Ora sussurra agli animali la buona notte prima del letargo e la sua carezza ha il suono dei cartocci bruni che cadono sul sentiero.
Il mondo all’imbrunire si prepara al riposo, prima del lungo e silenzioso inverno. E nelle contrade dell’uomo i comignoli che fumano sono sempre meno e le finestre restano spesso mute e senza luce.
Ma torneranno a risuonare i saluti e le risate sul vecchio selciato, tornerà il fischio delle poiane lassù nell’aria tersa senza nuvole e quaggiù il campanaccio delle vacche al pascolo.
Perché arlecchino con il suo costume di foglie secche correrà a dar fuoco ad altri boschi in altri autunni, e dopo il taciturno inverno che cova la vita sotto la neve canterà forte il gallo della primavera.
E noi canteremo assieme a lei.