Benvenuto, sior Autunno

Basta chiudere gli occhi per un istante e l’estate è già un ricordo.

Il profumo dell’erba tagliata di fresco è ben chiuso nei cassetti della memoria, assieme ai colori che la stagione calda dona alle forme di questa spalla dell’Altopiano.

Ora il caigo sale dalle valli, ammantando di grigio le contrà, le case e i boschi, i prati e le bestie al pascolo. L’aria luminosa delle terre alte si fa solleticare le cotole da queste brume, che ammantano di silenzio il crepitare del fogo nelle stue.

Solo i campanacci delle vacche e i rumori del lavoro nei boschi affermano che la vita continua, nonostante il vento della paura che soffia sul mondo. Un pettirosso si posa sul filo-spinà che delimita il pascolo, dice la sua e spicca il volo.

Il sior autunno è arrivato, e dove posa la sua mano piena di groppi si incendiano i monti di rosso e arancione. Dove non può infuocare la foresta, l’autunno lascia comunque la sua pennellata, come un artista che firma un’opera.

Qui ci si può smarrire al limitare del bosco, perdendosi dietro alle ciacole delle immense faggete eccitate dal vento o ascoltando le noci che cadono sull’erba e sulle lamiere dalle nogare austere.

Sono le ultime voci di questo teatro all’imbrunire, poi arriverà l’inverno con il suo silenzio. Ma a chi sa ascoltare, il respiro del mondo addormentato porta notizie di rinascita. E le porta anche a noi, che moriamo una volta sola.

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