C’era una volta un pasticcere che aveva un bambino di quasi cent’anni, che a sua volta era madre. Colpi di scena che manco in una fiction argentina per pensionate. Il bello è che questo non è l’inizio di una favola, e che quel pasticcere con il suo bambino-madre di cent’anni ci sono ancora. Lui è Luigi Biasetto, e non ha bisogno di presentazioni. La pasticceria è quella di via Facciolati a Padova, a due passi dal Santo. Il vecchio infante materno è il suo antichissimo lievito madre, che lo staff chiama affettuosamente “il bambino”. Risalire alle origini di questo composto è quasi impossibile, perché l’albero genealogico passa da Iginio Massari e affonda le sue radici probabilmente da Biffi a Milano. Araldica del gusto dura e pura.

Quel che importa all’Insaziabile non è però il passato, è il presente. Ovvero i panettoni, dolce natalizio per eccellenza anche nel pandorato veneto. E la qualità pazzesca che Biasetto mette nelle sue creazioni. La trafila tecnica – così ci togliamo dalle scatole subito i dettagli da ricettario – non si discosta molto da quella di un “normale” panettone: impasto, lievitazione, cottura, raffreddamento capovolto e via andare.
Perché quindi un panettone di Biasetto, se messo a confronto con un concorrente industriale, manda a tappeto l’avversario in un paio di secondi?
Perché la differenza la fanno lo studio preliminare, la saggezza del maestro e gli ingredienti. Si parte ovviamente dal lievito madre, la cui spinta è riconoscibile addirittura nella forma finale del dolce. L’acidità del composto viene testata in modo accurato e solo quando è nel range deciso dal maestro si può dare il via ai lavori, che come capicantiere hanno farine e burro, quest’ultimo rigorosamente di panna. Poi si passa dai canditi, quelli veri. Minuscole perle di gusto che non hanno niente da spartire con i pezzetti gommosi di zucca – sì, zucca – candita e agrumata che troviamo nei panettoni a basso costo.

Come in altre forme d’arte, anche nella pasticceria sono i dettagli a rendere glorioso un progetto. I canditi vengono scelti ad esempio fra i migliori al mondo, come pure l’uva passa. O sultanina, che dir si voglia. Le spezie e lo zenzero della versione orientale del panettone di Biasetto passano test molto rigorosi, per non parlare della cioccolata.
Ovvio, direte voi: qualsiasi pasticcere che si rispetti sceglie attentamente le sue materie prime. Vorrei vederlo, direte sempre voi in un impeto polemico, un pasticcere che tira fuori dal bidone del rusco un po’ di ratatuja andata a male per fare un panettone di lusso.
Simpaticoni.
Già, ma qui si va sul pignolo forte. Fortissimo. Pignoleria forza 10, che equivale a cambiare ogni anno – se necessario – il fornitore di un cedrino oppure dello zucchero da crepes nordico per dare al cliente sempre e comunque un prodotto unico.
Io ero un po’ scettico e ho voluto metterci il nasone che mi è stato dato in sorte. Letteralmente, eh. Con qualche collega di forchetta abbiamo deciso di sottoporci a un test al buio: ci siamo infilati una mascherina nera e abbiamo annusato, palpeggiato, degustato e masticato alcuni panettoni di diversa provenienza. Ed è andata esattamente come doveva andare. Il panettone da discount – senza nulla togliere ai discount, per carità – si sentiva da un metro di distanza. Aromi artefatti, consistenza di pane e non di panettone, gusto finto dal primo morso. Il panettone industriale con un occhio di riguardo per l’artigianalità si piazzava su uno scalino più in alto. Ma non poteva reggere il confronto con quello che esce dai forni di un pasticcere con i galloni come Biasetto.
“Sì, ma costa 30 volte di più” – è il commento unanime.
Assolutamente, ma vale ogni centesimo di quella spesa. Ingredienti e B-Factor (Fattore Biasetto) valgono molto di più della somma degli euro che si possono spendere per un panettone di alta pasticceria. Meglio mangiarne meno, di panettoni, ma che siano buoni. Buonissimi. E da Biasetto ce ne sono per tutti i gusti: il Milano, tradizione pura, quello orientale alle spezie, il panettone con le noci e quello alla cioccolata. Attenzione a quest’ultimo, dà assuefazione. Per non farsi mancare niente hanno fatto pure il pandoro, che ha in proporzione una quantità di burro (di qualità fotonica) pari al peso di una piccola utilitaria.
Tutto qui. Tutto molto semplice. Tutto molto buono.
Che state aspettando? Manca poco a Natale e ogni scusa è buona per papparsi un panettone di alta pasticceria.
