Venezia è insaziabile. Si nutre di colori che pesca dalla sua tavolozza, dal grigio della nebbia mattutina al blu che rotola indolente sul tramonto. Fa incetta di mattoni rossi sui suoi tetti e li condisce con il verde e il piombo dei suoi mille canali. Addenta la grigia trachite con la forza del tempo e ne fa briciole di pietra con cui i passanti danno da mangiare ai gabbiani.
Si riempie le narici antiche dell’odore del mare, del profumo di vita e del tanfo della morte a seconda dei capricci del vento, il suo più grande amante. Dalle porte delle sue osterie tira, come da una tabacchiera, l’aroma del fritto e del saor, e lo spirito del vino che trabocca dalle damigiane.
Beve l’elisir della laguna e neanche l’acqua alta che solletica gli ori di San Marco le fa venire il singhiozzo. Si inebria dei fiumi del suo Veneto e delle maree che le frugano sotto la gonna. Brinda alla nostra salute nel tintinnio di vetri di Murano con Sant’Erasmo e i suoi carciofi, la multicolore Burano e l’indolente Lido.
E noi, che siamo tutti figli suoi, succhiamo il latte della bellezza dal suo seno millenario.
Bellissimo post, un racconto emozionante.
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