La Regina delle Dolomiti Friulane

C’è quella mista, di bovino e suino. Oppure quella di selvaggina, e ce n’è pure una versione di carne di pecora. Quel che non cambia è il gusto favoloso della pitina, la regina delle Dolomiti Friulane. Una via di mezzo fra una polpetta e un salame, nata secoli fa per conservare la carne che altrimenti sarebbe marcita in breve tempo: un camoscio abbattuto o una pecora caduta in un dirupo.

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Come si fa la pitina?
Molto semplice. La carne, tritata finemente, viene condita con spezie che variano a seconda della valle e della tradizione. Poi se ne fa una polpettina e la si passa nella farina di mais – che una volta non mancava mai in montagna – quindi si mette ad affumicare con legno di mugo o ginepro sul caminetto o vicino al larin.

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Cos’è?
Un insaccato non insaccato, dato che in alta montagna non è facile reperire il budello per fare salami, soppresse o pancette. La trovate da Erto a Tramonti passando per Montereale, anche nelle versioni della peta e della petuccia.

Provatela, è un presidio Slow Food ed è pure un prodotto Igp.

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